Rimuginazione e senso di colpa non consentono il distacco da una relazione

Il senso di colpa, la rabbia persistente e la rimuginazione sono tre elementi che entrano spesso in gioco quando non si riesce a distaccarsi da una relazione amorosa ormai conclusa.
In questo caso non ci permettiamo di collocare nel passato ciò che è passato; sentiamo che ci sono delle cose irrisolte e avvertiamo 
il bisogno di risolverle, prima di voltare pagina.
La nostra espressione all'interno della relazione può essere stata bloccata o inespressa e le circostanze hanno avuto un esito per noi 
indesiderato, che non vogliamo accettare. Aspettative troncate e impossibilità di porvi rimedio.
Si può avvertire allora il bisogno di controllo con lo scopo di cambiare l'esito degli eventi, pur di trovare una soluzione che risulti 
più sopportabile. L'illusione della responsabilità e del controllo sull'andamento/esito della relazione può avere risvolti apparentemente 
gratificanti, che si rivelano in realtà distruttivi. 
Il fatto è che siamo stati parte della relazione, ma non ne possiamo avere il totale controllo e non ne siamo totalmente responsabili.
Ci tormentiamo su ciò che possiamo aver sbagliato, su cosa è andato storto, su come poteva evolversi diversamente la situazione. 
Ci domandiamo in che cosa non siamo stati adeguati.
Questo rimuginare va ad alimentare convinzioni negative e svalutanti su di sé, che possono avere radici nelle esperienze dolorose 
passate. E' un modo, questo, per restare nel “pantano”. 
Nei momenti più critici ci si può ritrovare a piangersi addosso e questo può risultare famigliare, con il rischio però di giustificare il 
perpetuare della situazione. Può entrare in gioco una parte “masochista”, che giustifica la fiacchezza, la mancanza di entusiasmo, 
i comportamenti dannosi per la propria salute. Stare nel pantano sembra costituire in alcuni momenti una stampella. 
Ci si può affezionare alla propria disperazione. Eppure si ha l'impressione di non sentirsi mai al sicuro, per davvero.
Questo atteggiamento irrigidisce il corpo, si associa alla difficoltà di respirare liberamente, di lasciarsi andare alla vita e di lasciare che le cose accadano. Non ci si consente di andare avanti.
Rimbalzare dall'incolparsi all'incolpare l'altro per com'è andata alimenta la propria ferita, perpetua una rabbia distruttiva per sé e 
prolunga la sofferenza. 

In questi casi non ci stiamo accettando; allo stesso modo non stiamo accettando la realtà dei fatti. Non accettiamo né noi, né l'altro. 
Percepiamo un senso di fallimento personale e non vediamo la situazione da altre angolazioni.
Questo si lega ai nostri bisogni profondi insoddisfatti, che hanno radici ben più lontane nel tempo, risalenti alla relazione infantile con i nostri genitori. Il modo in cui ci sentiamo nella situazione presente rispecchia il modo in cui ci siamo sentiti visti, accettati, amati dai 
nostri genitori in passato. E soprattutto ci dà indicazione dei fondamentali nodi irrisolti, che continuano a echeggiare nella nostra vita; 
le situazioni che non accettiamo ci costringono ad affrontare ciò che non è ancora stato risolto e che necessita di ascolto.

Tornando alla situazione attuale, il punto fondamentale sono i sentimenti che sono stati presenti o meno nella relazione. 
I sentimenti non hanno colpe. Esistono, scaturiscono semplicemente. 
Per trovare la chiave che sblocca questa situazione di ristagno emotivo è necessario oltrepassare la rimuginazione, il dubbio, l'incolpare o l'incolparsi, per andare al cuore della questione: all'accettazione dei sentimenti propri e dell'altro, per quello che sono.

Affrontare un distacco implica un sincero dialogo con sé; la resa a se stessi e a ciò che si prova.
Ci si può accostare alla propria sofferenza e al proprio bisogno in maniera differente, accettandoli. Guadandosi in faccia senza giudizio.
Ammettendo a se stessi il proprio bisogno, il proprio desiderio di amore insoddisfatto. 
Non esiste colpa o inadeguatezza per questo, indipendentemente dalla risposta dell'altro. 
E' una semplice constatazione e accettazione di quello che si prova e aiuta ad accettare la realtà dei nostri sentimenti, che può essere 
differente dalla realtà dei sentimenti che l'altro prova nei nostri confronti. L'altro è libero di sentire diversamente. 
Cambiare i suoi sentimenti non è in nostro potere.
Il fatto che l'altro ci possa negare il suo amore, però, non significa che dobbiamo negarcelo a nostra volta.
Anche se il mio bisogno non può essere soddisfatto, comunque ha diritto di esistere, lo posso accettare e accogliere

E' questa una sofferenza inevitabile, ma necessaria, per poter andare oltre. 
Dare valore al proprio sentimento, anche se non corrisposto, permette di lasciarsi andare a un pianto ristoratore, 
che non è un piangersi addosso.
Significa ammettere a sé stessi il proprio bisogno di amore, invece di chiedere amore all'altro; accettare ciò che si prova senza giudizio. 
Ogni sentimento è nobile e non va calpestato, in primis da noi stessi.
Possiamo far tesoro dei sentimenti che proviamo e possiamo, allo stesso tempo, lasciar andare l'altro.
In realtà nulla sta scappando, bensì inizieremo ad assecondare il nostro destino.


Ci possiamo permettere un tempo per soffrire e un tempo per incanalare le nostre emozioni per il raggiungimento di 
soddisfazioni personali sganciate dall'altro, soddisfazioni nostre e basta, fini produttivi.
E' importante, soprattutto in questi momenti, mantenere aperti più spazi in cui poter esprimere diverse parti di noi, le nostre passioni, 
trovando le motivazioni piccole o grandi nelle cose che facciamo. 
Reagire può costituire un grande sforzo; ma dietro ad ogni sforzo c'è una piccola carezza d'amore che ci stiamo facendo, 
seppur contro voglia in quel momento; da queste piccole carezze, o piccoli doni, potremo trarre poco per volta un nutrimento che 
ci donerà serenità e sicurezza, per il nostro oggi e il nostro domani.



Nessun commento:

Posta un commento